Un’altra difesa è possibile (ma ci vuole una firma)

Il movimento italiano per la pace ha lanciato una nuova Campagna, iniziata il 2 ottobre, anniversario della nascita di Gandhi e giornata internazionale Onu per la nonviolenza.

Un’altra difesa è possibile‘ è questo il titolo dell’iniziativa promossa da Conferenza Nazionale Enti di Servizio Civile, Forum Nazionale per il Servizio Civile, Rete della Pace, Rete Italiana per il Disarmo, Sbilanciamoci!, Tavolo Interventi Civili di Pace. Oltre trenta iniziative pubbliche, coordinate dal Movimento Nonviolento, hanno celebrato il 2 ottobre e disegnato una Mappa dell’Italia nonviolenta da Palermo a Bolzano.

Ma qual è l’obiettivo di questa Campagna? Perché i pacifisti, in un momento di semplificazione istituzionale, di tagli alla spesa, di riduzione dei costi della politica, propongono addirittura un nuovo Dipartimento statale? Perché un tema così apparentemente lontano dai bisogni reali dei cittadini? Le risposte sono più semplici e chiare di quanto possano apparire.

Rainbow flagI nonviolenti vogliono l’istituzione ed il finanziamento di un Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta. Lo strumento è una Legge di iniziativa popolare (il cui titolo è già stato registrato alla Corte di Cassazione e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale). La raccolta delle 50.000 firme necessarie per depositare la proposta alla Camera dei Deputati si concluderà tra 6 mesi. La prossima data di mobilitazione nazionale sarà il 4 novembre, anniversario dell’inutile strage della prima guerra mondiale, e la consegna firme alla Presidente della Camera, on.Boldrini, è prevista il 25 aprile 2015. Poi ci sarà la pressione per far discutere la Legge prima nelle competenti Commissioni e poi in Aula. I deputati dell’intergruppo parlamentare per la pace hanno già offerto il proprio sostengo.

Obiettivo della Campagna è quello di dare uno strumento in mano ai cittadini per far organizzare dallo Stato la difesa civile, non armata e nonviolenta – ossia la difesa della Costituzione e dei diritti civili e sociali che in essa sono affermati; la preparazione di mezzi e strumenti non armati di intervento nelle controversie internazionali; la difesa dell’integrità della vita, dei beni e dell’ambiente dai danni che derivano dalle calamità naturali, dal consumo di territorio e dalla cattiva gestione dei beni comuni – anziché finanziare cacciabombardieri, sommergibili, portaerei e missioni di guerra, che lasciano il Paese indifeso dalle vere minacce che lo colpiscono e lo rendono invece minaccioso agli occhi del mondo. Lo strumento politico della legge di iniziativa popolare vuole aprire un confronto pubblico per ridefinire i concetti di difesa, sicurezza, minaccia, dando centralità alla Costituzione che “ripudia la guerra” (art. 11), afferma la difesa dei diritti di cittadinanza ed affida ad ogni cittadino il “sacro dovere della difesa della patria” (art. 52).

È un principio che non è mai stato attuato davvero, perché per difesa si è sempre e solo intesa quella armata, affidata ai militari. Invece per i nonviolenti la difesa della patria è difesa della vita, dell’ambiente, del territorio, dei diritti, della dignità, della pace, del lavoro. Per difendere davvero questi beni comuni servono strumenti adeguati. La Difesa civile non armata e nonviolenta è la difesa della patria condotta con metodi non militari, alternativa alla difesa armata.

Nel concreto, la proposta di legge che i cittadini potranno sottoscrivere dice che il Dipartimento per la difesa civile comprenderà i Corpi civili di pace e l’Istituto di ricerche sulla Pace e il Disarmo e avrà forme di interazione e collaborazione con il Dipartimento della Protezione civile, il Dipartimento dei Vigili del Fuoco ed il Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale. Si tratta di dare finalmente concretezza a ciò che prefiguravano i Costituenti con il ripudio della guerra, cioè la realizzazione di una difesa civile alternativa alla difesa militare. Il finanziamento della nuova difesa civile dovrà infatti avvenire grazie alla possibilità per i contribuenti di destinare la quota del sei per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche all’incremento della copertura delle spese di funzionamento del Dipartimento per la Difesa civile non armata e nonviolenta ed al finanziamento delle attività dei Corpi Civili di Pace e dell’Istituto di ricerca sulla Pace e il Disarmo. Non si tratta di spendere di più, ma di spendere meglio.

La Campagna vuole aprire nel paese una dibattito sul concetto stesso di ‘difesa’: un’idea che abbiamo lasciato per troppi anni in esclusiva ai militari, e di cui oggi ci dobbiamo riappropriare. Per difendere i nostri diritti, il nostro ambiente, il nostro lavoro, sono più utili i famigerati F35, o piuttosto un ‘esercito di pace’ che ci costerebbe anche molto meno? Sotto questa luce, la Campagna ‘Un’altra difesa è possibile’ è quanto mai concreta e vicina ai bisogni di chi sta soffrendo la crisi.

 

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