Finalmente parte in Italia – nell’ambito del Servizio Civile Nazionale – la sperimentazione dei Corpi Civili di Pace (CCP). Un passo importante che pone le basi per la realizzazione di più ampia e strutturata “difesa civile, non armata e nonviolenta” in situazioni di conflitto e di emergenze ambientali.
A due anni esatti dalla legge finanziaria del 2013, che grazie all’impegno dell’On. Marcon e dei Parlamentari per la Pace aveva stanziato fondi per una sperimentazione triennale di Corpi Civili di Pace, è stato pubblicato ieri sul sito dell’Ufficio Nazionale del Servizio Civile il bando per gli enti che vorranno presentare progetti CCP. A questa gara, una volta selezionati i progetti, seguirà un bando per volontari, e a metà 2016 partiranno i primi 200 ragazzi per un impegno di 12 mesi nella costruzione della pace con metodologie e interventi nonviolenti, in Italia e all’estero.
Le associazioni del Tavolo Interventi Civili di Pace esprimono soddisfazione per l’atteso avvio di questa esperienza, alla quale parteciperanno apportando il proprio contributo in termini di personale, formatori, conoscenza del contesto e partenariati in luoghi di conflitto.
Non esitano tuttavia a sottolineare le criticità di questo primo bando. In primo luogo, il ritardo accumulato ha fatto sì che siano andati persi almeno 236.000 EUR di risorse, tagliate dal Ministero dell’Economia per mancata spesa nel 2014. Vista l’esiguità dei 3 milioni di Euro annui che l’Italia sta destinando al peacebuilding civile, rispetto alle forze armate che ci costano 17 miliardi l’anno, questo taglio risulta difficile da accettare. E’ stato mantenuto, inoltre, il modello standard del servizio civile che non prevede alcun sostegno per le strutture associative e il personale che organizza e accompagna i Corpi Civili di Pace, né per le attività che i volontari svolgono sul campo, mancando quindi l’obiettivo di allineare la sperimentazione italiana a modelli europei come il Servizio Civile di Pace tedesco, che rappresenta l’avanguardia nel settore.
Nel nuovo modello italiano si apprezza come la fase della formazione risulti notevolmente potenziata rispetto ai progetti ordinari di servizio civile, ma si attende ancora il bando per la formazione dei formatori, mentre non risulta al momento garantito un meccanismo di accreditamento di formatori con esperienza specifica nel settore del peacebuilding.
Altri elementi di criticità che rappresentano una sfida per la progettazione di interventi civili di pace riguardano:
- una lista chiusa di paesi su cui presentare progetti, stilata dal Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, che non include ad esempio i Territori Palestinesi Occupati, in cui tante associazioni italiane portano da decenni un contributo importante;
- la scelta del Dipartimento del Servizio Civile di finanziare, per l’Italia, solo interventi su conflitti generati da emergenze ambientali, precludendo la possibilità per i CCP di agire sulle conflittualità sociali e culturali (ad es. legate alla cosiddetta emergenza profughi);
- procedure di sicurezza insostenibili imposte ai volontari CCP che si recheranno all’estero (come una stringente comunicazione alle autorità consolari su ogni missione dei volontari fuori dalla sede di attuazione del progetto) che renderebbero difficile per loro incontrare comunità e partner di progetto, in quelle condizioni di prossimità allo stile di vita locale che il Tavolo Interventi Civili di Pace ritiene indispensabili nel lavoro di peacebuilding.
C’è quindi ancora molto lavoro da fare per rendere questa sperimentazione sostenibile ed efficace. Le associazioni del Tavolo Interventi Civili di Pace sono pronte a dare il proprio contributo, progettuale e concettuale, assieme a tutte le reti di società civile che hanno avviato la campagna “Un’altra Difesa è Possibile”. Nella consapevolezza che un nuovo modello di intervento civile e nonviolento nei conflitti può interrompere la spirale di guerra e terrorismo, e consentire al nostro paese di farsi promotore un modello originale, innovativo e sostenibile di azione per la pace e la sicurezza anche a livello internazionale.
Lo dobbiamo a testimoni di pace come Alex Langer, che nel 1995 profetizzava la creazione di un Corpo Civile di Pace europeo che avesse “solo la forza del dialogo nonviolento, della convinzione e della fiducia da costruire o restaurare. Agirà portando messaggi da una comunità all’altra. Faciliterà il dialogo all’interno della comunità al fine di far diminuire la densità della disputa. Proverà a rimuovere l’incomprensione, a promuovere i contatti nella locale società civile. Negozierà con le autorità locali e le personalità di spicco. Faciliterà il ritorno dei rifugiati, cercherà di evitare con il dialogo la distruzione delle case, il saccheggio e la persecuzione delle persone. Promuoverà l’educazione e la comunicazione tra le comunità. Combatterà contro i pregiudizi e l’odio. Incoraggerà il mutuo rispetto fra gli individui. Cercherà di restaurare la cultura dell’ascolto reciproco. E la cosa più importante: sfrutterà al massimo le capacità di coloro che nella comunità non sono implicati nel conflitto (gli anziani, le donne, i bambini)”.